Diego Della Valle: l’uomo che ha trasformato un calzaturificio di paese in una holding da diversi miliardi

Un affare di famiglia che ha il suo cuore nella produzione di quelle scarpe che Filippo Della Valle, nonno di Diego, creava e aggiustava nella sua bottega di calzolaio a Casette d’Ete, non lontano da Ancona. Erano i primi anni del ‘900 e quel laboratorio minuscolo annesso alla cucina di casa vedeva impiegati anche la moglie e i sei figli del capostipite, in particolare Pasquale e Dorino, che si occupavano degli embrionali aspetti commerciali pedalando, letteralmente, tra le province emiliane e marchigiane per rifornire con i loro prodotti le bancarelle dei mercati.

Era un’imprenditorialità in bicicletta, che Dorino perfezionò dal punto di vista squisitamente di prodotto aprendo lui stesso un negozio e replicando quel lessico famigliare che univa casa e bottega anche all’interno del suo nido. Lo ricorda Diego spesso, che lì nacque nel 1953 e passò l’infanzia cullato dall’odore del cuoio lavorato dalle mani materne mentre lui dormiva sereno in una cesta.

Ci vollero anni prima che Dorino aprisse una vera fabbrica di scarpe, il Calzaturificio Della Valle a Sant’Elpidio a mare (FE), che tra gli anni Sessanta e i Settanta cominciò a stipulare contratti con marchi prestigiosi e divenne fornitore ufficiale di stilisti come Calvin KleinChristian LacroixKrizia e Gianfranco Ferrè.

Diego Della Valle entra in azienda

L’avventura di Diego Della Valle parte agli inizi del secolo dalla calzoleria artigianale del nonno Filippo, a Casette D’Ete, un paesino in provincia di Fermo. Dopo gli studi in legge a Bologna e un breve periodo di lavoro negli Stati Uniti, nel 1975 entra nell’azienda di famiglia, affiancando il padre nella gestione. Ma è sua l’idea di un innovativo piano di marketing (e del lancio di nuovi marchi), che dagli anni ’80 hanno reso famoso il nome Della Valle.

Leggenda vuole che l’ispirazione per il mocassino simbolo del marchio, destinato a sparigliare le regole vestimentiarie planetarie, fosse venuta a Diego Della Valle mentre curiosava in un mercatino newyorkese dove rimase colpito da un paio di driving shoes, un modello di scarpa sportiva che aveva una suola particolare, interamente rivestita di piccoli cilindri di gomma che servivano a dare maggiore aderenza al piede dell’automobilista sui pedali della macchina.

L’intuizione non era però slegata da un certo senso pratico italico, sempre quello, che convinse il giovane a ripensare allo stesso modello di calzatura all’insegna della raffinatezza tipica della madrepatria fatta di artigianalità e di buon gusto e da dedicare a un pubblico più ampio di quello di nicchia dei piloti sportivi. Per avere maggiore appeal, però, era necessario un nome americano. Diego, si dice, avesse trovato sull’elenco telefonico di Boston e che, musicalmente, suonava bene ed era facile da ricordare, Tod’s.

Un imprenditore brillante e di successo

Diego Della Valle, che nel frattempo era diventato presidente e amministratore delegato del gruppo, continuò nella politica di diversificazione degli investimenti che, nel corso degli anni, lo portò a entrare nel consiglio d’amministrazione di diverse società (FerrariBanca commerciale italianaSaks Fifth AvenueAssicurazioni generaliNtv), di cui di alcune ricopre ancora oggi la carica (in Lvmh e Rcs).

“E’ molto facile accumulare fortuna o avere successo se lo fai a tutti i costi. Se lo vuoi fare cercando di non disturbare il prossimo è un po’ più difficile ma dà molte più soddisfazioni.”

Nel 2011 Diego Della Valle, già nominato Cavaliere del Lavoro e insignito di due lauree honoris causa venne inserito da Forbes nella lista degli imprenditori più ricchi del mondo e tradusse la sua idea di lusso in un impegno a tutto tondo che, dalla bellezza arrivava alla sostenibilità, dal rispetto del passato si faceva impegno solidale e concreto in cui il presente aveva propaggini virtuose nel futuro.

Olivettiano nel suo modo di praticare il welfare aziendale con iniziative volte a sostenere i propri dipendenti, l’imprenditore ha declinato questo atteggiamento anche a livello territoriale cominciando dalla sua regione, le Marche, in cui sono state promosse numerose azioni sociali, tra cui quelle a sostegno delle zone terremotate.

Come precisa lui stesso:

Destiniamo l’1% dell’utile a progetti per il territorio, che vanno dalla costruzione di scuole all’assistenza a persone in difficoltà al sostegno al lavoro e alla formazione dei giovani. Successivamente al terremoto ci attivammo subito per costruire una fabbrica che facesse da volano alla ripresa economica. È già operativa e dimostra come la concretezza dei privati possa trovare la giusta sponda nelle istituzioni, per fare grandi cose in poco tempo.

 

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